Anaffettività blocco affettivo alessitimia. Quando le emozioni fanno paura
Anaffettività blocco affettivo alessitimia. Quando le emozioni fanno paura. Il termine emozione è sicuramente ricorrente nella vita quotidiana di ognuno di noi, tanto da essere centrale nell’interazione con l’ambiente che ci circonda. Si potrebbe definire l’emozione come un comportamento di risposta a uno stimolo esterno determinato da motivazioni profonde. Esempio classico è la risposta di evitamento/fuga ad una situazione percepita come minacciosa che si accompagna con la sensazione di paura.
Le risposte emotive producono, quindi, anche un’attivazione fisiologica, e la quantità di attivazione varia al variare della forza con cui si esprime l’emozione.
Cosa succede quando le emozioni fanno paura? Potremmo immaginare le difficoltà legate alla sfera emotiva su un ideale continuum che si muove dalla difficoltà nel provare ed esprimere affetto fino all’incapacità di comprendere e descrivere le esperienze emozionali.
Anaffettività
Le persone anaffettive non riescono a provare né ad esprimere affetto in situazioni o condizioni in cui normalmente questo viene provato. Di frequente l’anaffettività insorge in risposta ad una situazione vissuta e percepita in maniera eccessivamente dolorosa dall’individuo, tale da indurlo a creare uno stile difensivo nei confronti di un ambiente potenzialmente perturbante che lo possa destabilizzare nuovamente. Se una situazione sentimentale è stata fortemente frustrante, ad esempio, la persona potrebbe mettere in atto dei comportamenti tesi ad evitare nuove esperienze di intimità, fino ad arrivare alla concreta difficoltà di instaurare altre relazioni coinvolgenti per paura di ritrovarsi nuovamente ferita. Nel tentativo di difendersi per non essere sopraffatte dall’angoscia, le persone cominciano a ripiegarsi emotivamente, concentrando le loro energie su aspetti materiali della vita o su piaceri illusori che non comportino coinvolgimenti emotivi e relazionali.
Blocco affettivo
Nel caso del blocco affettivo, ci troviamo di fronte ad una situazione per la quale le emozioni sono in contrasto tra di loro e per tale ragione l’individuo si trova nell’incapacità di esprimerle. È come se ci si trovasse di fronte ad una impasse in cui frequentemente le persone possono imbattersi. Se l’impasse ha una durata limitata e si trova un’alternativa, la situazione si sblocca e si procede. Se invece tende alla persistenza può generare una forte angoscia e la sensazione di essere impantanati nelle sabbie mobili per cui, più si cerca di fare chiarezza, più si crea contrasto.

Blocco affettivo
Anaffettività blocco affettivo alessitimia
All’interno di un quadro psicopatologico, il blocco affettivo può essere presente nelle aree dei disturbi dell’umore e nella schizofrenia.
Alessitimia
Chi è prigioniero dell’alessitimia (dal greco “mancanza di parole per le emozioni”), invece, non riesce a manifestare quanto sente per una difficoltà legata all’identificazione dei propri stati emotivi. In altre parole, le persone che vivono questa condizione mancano di capacità di descrivere in maniera appropriata le proprie e le altrui emozioni, sono inconsapevoli delle reazioni somatiche che accompagnano gli stati emotivi e possono manifestare comportamenti affettivi in maniera occasionale ed estrema, spesso inappropriata. Nella mente degli individui con alessitimia, le emozioni si confondono con le sensazioni corporee percepite. Se interrogati riguardo a manifestazioni emotive come ad esempio il pianto o il riso, tali individui non riescono a ricondurle a un’esperienza emotiva riconoscibile che comprenda e giustifichi le modificazioni somatiche presentate e le sensazioni somatiche riferite.
L’alessitimia è uno dei fattori di rischio per numerosi disturbi sia di tipo psicologico (disturbi alimentari, disturbi d’ansia, disturbi somatoformi e depressione), sia di tipo fisico (ipertensione e disturbi gastrointestinali). Non rendendosi conto di ciò che accade emotivamente, gli alessitimici hanno difficoltà a elaborare strategie per rispondere e convivere con gli affetti e i sentimenti, con conseguenti problemi comportamentali.

Regolazione delle emozioni
Anaffettività blocco affettivo alessitimia
Regolazione delle emozioni
Cosa accomuna le persone che sperimentano queste difficoltà nella sfera emotiva? Anche se le manifestazioni comportamentali sono differenti, in tutti i casi è centrale il vissuto di inadeguatezza nella regolazione delle emozioni, che conduce ad un profondo senso di fallimento nell’incontro intimo con l’altro.
In psicoterapia il tema delle emozioni è di centrale importanza poiché l’incapacità di gestione delle stesse sembra essere alla base di numerosi disturbi.
L’obiettivo terapeutico è quello di lavorare su più fronti nella situazione problematica del soggetto nel tentativo di dare una risposta più completa ai molteplici fattori che intervengono nei disturbi di regolazione del sistema emozioni.
Innamorarsi del proprio terapeuta
Relazione di coppia
Fasi evolutive

Psicologa iscritta all’Albo degli Psicologi del Lazio (Iscrizione N. 17114), Psicoterapeuta ed Ipnoterapeuta, svolgo a Roma attività privata di consulenza psicologica, Psicoterapia Breve Strategica e Ipnosi Ericksoniana rivolta all’individuo, alla coppia e alla famiglia. Nello svolgimento della mia attività professionale il riconoscimento e la valorizzazione dell’unicità della persona, delle sue risorse individuali è una costante dell’intero processo terapeutico, volto al benessere, all’autonomia e al superamento delle difficoltà presentate, all’interno di una relazione terapeutica non giudicante, accogliente e basata sulla fiducia.
l’impotenza può dipendere da questi disturbi?
Buongiorno Trilly,
premesso che può essere fuorviante stabilire dei nessi causali tra due differenti tipologie di disturbo, posso dire che il disturbo dell’erezione (se di natura psicologica e non organica) spesso nasce da una eccessiva preoccupazione di avere una performance impeccabile e dalla paura di non riuscire a soddisfare pienamente la propria partner. Per approfondimenti su questo argomento puoi leggere il mio articolo al seguente link
https://www.isabeldevincentiis.it/ansia-da-prestazione-sessuale-sintomi-e-trattamento/
Grazie per il suo contributo!
“Nel tentativo di difendersi per non essere sopraffatte dall’angoscia, le persone cominciano a ripiegarsi emotivamente, concentrando le loro energie su aspetti materiali della vita o su piaceri illusori che non comportino coinvolgimenti emotivi e relazionali”.
Ho scritto una citazione sua dell’articolo perche’ a me ad esempio capita di fare delle “abbuffate notturne ” che il giorno dopo le pago con gli interessi. Secondo lei cosa potrei fare? Premetto che mi hanno diagnosticato un disturbo di personalita’ di tipo schizoaffettivo…Ora sto “abbastanza” bene, per fortuna.
Buongiorno Mauro,
le abbuffate notturne sono in genere caratterizzate da una totale perdita di controllo. E’ come se si fosse rapiti da una forza travolgente e trasgressiva che ha la funzione di allentare una rigidità nel vivere le situazioni durante il giorno. Per uscire da questa trappola è necessario comprendere come vive le sue giornate, l’atteggiamento che ha verso il cibo e verso se stesso nel contesto diurno. Allentare la rigidità e le limitazioni può essere un primo passo per non aprire le porte alla trasgressione. O. Wilde diceva “Se me lo concedo posso rinunciare, se non me lo concedo diventa irrinunciabile”. Ogni persona ha la sua unicità e per questo non ci sono consigli e strategie uniche valide per tutti; se questa situazione è ingestibile e motivo di malessere, le consiglio di rivolgersi ad un professionista per valutare insieme un percorso psicoterapeutico.
Cari saluti
Buongiorno Isabel,
ho due ragazzi di 11 e 13 anni e mi sto rendendo conto solo ora che dal punto di vista emotivo sono due iceberg: non si commuovono mai davanti a nulla, non amano parlare di cose che possano avere un pur minimo coinvolgimento emotivo e quelle rare volte che capita di vedere un qualche turbamento sul loro volto, scappano come se avessero vergogna dei loro sentimenti. Parlo ovviamente delle emozioni diciamo così “negative” come la tristezza e la paura che in realtà tendo anche io a nascondere molto. Come si può affrontare questa situazione? Che consigli mi può dare per iniziare a scongelare un po’ questi iceberg? Se avesse anche qualche buona lettura da suggerirmi le ne sarei grata.
Cordiali saluti
Buongiorno Francesca,
mi colpisce molto, innanzitutto, che nella sua descrizione si riferisca ad entrambi i figli. Entrambi sembrano fuggire dalle emozioni così definite negative, come se percepissero che esprimersi sia un qualcosa di “inopportuno” o sbagliato. Mi domando se ci sia stato un evento particolare nella vostra storia familiare (lutto, separazione, cambiamenti importanti etc.) che abbia scatenato un turbamento emotivo difficile da gestire e che sia rimasto come “sospeso”. Quando ci troviamo di fronte a queste situazioni con bambini o adolescenti, noi adulti ci troviamo davanti al difficile compito di comprendere cosa stiamo facendo per aiutare i nostri figli e cambiare modalità qualora si mostrassero inefficaci. Potrebbe cominciare lei stessa, gradualmente, ad esprimere questi sentimenti affinché i suoi figli comprendano che non ci sono conseguenze pericolose. Questo aiuta i ragazzi a sentire che mostrare le emozioni non significa mostrare punti deboli o essere sottoposti a giudizi, ma significa esprimersi nella propria autenticità. E quando si ha coraggio di mostrare i propri punti deboli, questi si trasformano in punti di forza. Quando nota un qualche tipo di turbamento emotivo nei suoi figli, può esprimerlo e dare la sua disponibilità ad ascoltare; questo si traduce nel dare un giusto spazio in cui i suoi figli possano lasciarsi andare senza giudizi o consigli particolari.
Posso consigliarle un libro dal mio punto di vista molto interessante: La mente adolescente di Daniel J. Siegel.
Un caro saluto
Gentile dottoressa,
in effetti un evento traumatico c’è stato. Nel 2012 i ragazzi hanno perso entrambi i nonni a distanza di 15 giorni l’uno dall’altro e nel secondo caso erano presenti nella stanza quando il nonno, mio padre, è morto. Io non me ne ero accorta, ma quando mi sono voltata li ho visti in piedi alle mie spalle pietrificati. All’epoca avevano 7 e 9 anni. In seguito ne abbiamo riparlato ma non credo siano riusciti a fare chiarezza sulle loro emozioni. Potrebbe essere questo il motivo scatenante del blocco? Leggerò con molto interesse il libro che mi ha suggerito.
La ringrazio e saluto cordialmente.
Cara Francesca,
sicuramente l’evento accaduto è di forte impatto emotivo, soprattutto per i bambini di quell’età. Non posso dire con certezza, comunque, se questo evento possa essere il motivo scatenante del blocco. Accogliere le emozioni ed affrontare situazioni anche dolorose potrebbe essere un punto di partenza per conoscere il proprio mondo interiore che spesso spaventa perché tutto ciò che viene affrontato e non evitato mette in luce anche i nostri punti di forza. Solo in questo modo la paura può trasformarsi in coraggio.
Cari saluti
Gentile dottoressa, in quale modo si può aiutare una persona anaffettiva, il quale non manifesta i suoi pensieri, al massimo ti risponde “io sono fatto così”???… e non vuole per niente al mondo pensare di farsi aiutare da uno specialista??? Cari saluti
Gentile Daniela,
affidarsi ad uno specialista è una scelta non sempre facile da intraprendere; cominciare un percorso terapeutico richiede un certo grado di consapevolezza e di motivazione per mettere in discussione alcuni atteggiamenti o comportamenti non più funzionali, verso se stessi o gli altri. In altre parole, è molto improbabile che una persona che sostiene di “essere fatta così” nutra questa motivazione; è come se stesse dicendo “Se questo atteggiamento non ti piace, non è un mio problema”. Si instaurano, quindi, delle dinamiche relazionali caratterizzate da una sorta di tiro alla fune senza vincitori. Di fronte alle persone chiuse al cambiamento, insistere affinché si facciano aiutare è controproducente: se ci sentiamo stretti in questo tipo di relazioni, la cosa possibile da fare è trovare degli strumenti per tutelarci. Per cambiare gli altri, occorre partire da se stessi…perché non partire da qui?
Cari saluti
Gentile dottoressa credo di avere un blocco affettivo. Sono una ragazza di 16 anni e da un po’ di tempo il mio ragazzo mi ha confidato il suo malessere nel fatto che non riesco a dimostrare affetto,non lo abbraccio e non lo bacio o comunque è sempre lui a prendere l’iniziativa io mai. Questo problema di dimostare affetto c’è l ho anche con la mia famiglia e mi causa molti problemi vorrei veramente sapere come riuscire a superare questo blocco perché ho paura di perdere le persone a cui tengo molto.
Buongiorno Elena,
per poter parlare di blocco affettivo sarebbe necessario qualche ulteriore approfondimento. Da quello che scrive, comunque, è chiaro che sta vivendo una situazione di malessere perché il suo ragazzo e la sua famiglia non si sentono corrisposti nel loro modo di esprimere affetto. Spesso le persone che dimostrano il proprio affetto attraverso gesti espliciti (abbracci, baci, carezze) chiedono all’altro una dimostrazione altrettanto esplicita. Questo può creare una situazione di blocco nella persona che è incapace di esprimere affetto o lo esprime attraverso modi impliciti perché comincia a perdere la spontaneità. Detto in altre parole, più le persone mi chiedono di dimostrare affetto in un certo modo, più mi sento incapace di farlo. L’aiuto di un professionista potrebbe aiutarla a comprendere meglio come funziona il suo universo emotivo e a saperlo esprimere senza paure.
Un caro saluto
Buongiorno dottoressa, da 4 anni mia madre vive con me ( da quando é rimasta vedova), é una persona che non ha mai dimostrato affetto verso noi figlie , non mostra nessuna emozione né negativa né positiva. Nemmeno quando mia sorella é morta 5 anni fa (aveva 46 anni) ha mostrato segni di dolore o lacrime. Io vivo molto male questa situazione, mi crea rabbia e irritazione: ma lei non si scompone. Non ho mai ricevuto un consiglio da parte sua e quando son rimasta vedova ( a 41 anni e senza figli) non potevo esprimere il mio dolore oppure nonminare mio marito perché sia lei che mio padre mi accusavano di esagerare. Insomma ho un forte rancore verso di lei….vorrei smuovere quel macigno che ha al posto del cuore ma ogni volta sono io che finisco per soffrirne. Come devo fare per poter andare avanti senza crearmi altro dolore e frustrazione ?
Buongiorno Mary,
gli effetti di una mancata espressione di emozioni o affetto da parte di un genitore verso i figli sono sicuramente carichi di dolore e sofferenza. Il fatto di non poter contare sulla compartecipazione delle emozioni genera delle ferite profonde che con grande sforzo cercano di rimarginarsi. Smuovere quel macigno che sua madre ha nel cuore potrebbe essere un’impresa difficile che genera ulteriore sofferenza. Quando le persone intorno a noi non fanno nessun passo verso la nostra direzione, tutti gli sforzi che mettiamo in campo raramente vengono ricompensati. Per poter andare avanti alleviando un pò il dolore e la sofferenza, può contare solo su se stessa. Questo significa indirizzare le energie altrove, cominciando innanzitutto a riconoscere i limiti di sua madre nella sfera emotiva e successivamente accettarli, evitando di volerla cambiare a tutti i costi. Dopo che avrà accettato questi limiti, il rancore e la rabbia si affievoliranno, per lasciare spazio ad una nuova forma di relazione per lei più gestibile. Chiedere aiuto ad un professionista potrebbe essere una buona strada da intraprendere per dare una nuova direzione alla sua vita.
Un caro saluto
Gentile dottoressa, sto da un anno con una persona che io ritengo affetta da questa patologia. Per noi donne, si sa, l’espressione di ciò che sta al nostro interno è una delle cose più importanti che contraddistingue le nostre relazioni. Quando io faccio lo sforzo di esprimere a parole quello che provo, quello che sento e come mi fa sentire una determinata cosa/situazione, il mio partner non ha mai niente da dire a riguardo; tantomeno riesce ad esprimere ciò che ha dentro. Questa cosa, protratta nel tempo, ha creato dentro di me una profonda frustrazione e senso di solitudine, mi spiego meglio: mi sembra di combattere da sola questa battaglia. Lui riconosce infatti la difficoltà oggettiva che ha nell’esprimersi, ma non riesce ad andare oltre. Nonostante l’amore bellissimo e profondo che proviamo, sento che sono arrivata al culmine, un culmine che mi ha creato una pericolosa rabbia e aggressività, nonche distacco. Vorrei ricevere un suo parere riguardo tutto ciò. La ringrazio, Martina
Buongiorno Martina,
le auguro di continuare ad essere sempre in sintonia con il suo mondo interiore e ad esprimerlo, nonostante le difficoltà che potrebbe incontrare. Ascoltare e rispettare le nostre sensazioni è un modo per prendere decisioni, anche dolorose ma necessarie, per dare spazio ai nostri bisogni e desideri. La rabbia, l’aggressività e il conseguente distacco sono sensazioni che vanno ascoltate anche se ci disturbano, solo in questo modo abbiamo la possibilità di conoscere qualcosa in più sulle nostre aspirazioni.
Cari saluti
Ho letto il suo articolo molto interessante. Se ho capito bene, il problema del soggetto alessitimico consiste nel fatto che, seppur consapevole di provare emozioni e sentimenti, non riesca ad esprimere cio’ che prova. Dunque, una sorta di “Impotenza emotiva” che non esclude il desiderio di comunicare e la consapevolezza di non riuscire a farlo. Si tratterebbe, in altri termini, di una incapacita’ di comunicazione e condivisione delle emozioni proprie ed altrui, in forma piu’ o meno grave, ma di cui il soggetto allessitimico puo’ essere (e normalmente e’) ben consapevole. Grazie del chiarimento.
Buongiorno Giorgio e grazie per il suo contributo. Il vero ostacolo della persona alessitimica è l’incapacità di riuscire a tradurre le sensazioni somatiche nel corrispondente stato emotivo. Quindi, è spesso consapevole della percezione fisica legata ad un’emozione ma non riesce a dargli un significato e neanche a comprendere che si tratta si uno stato emotivo. Di conseguenza potrebbe interpretare l’attivazione fisica (come ad esempio la tachicardia legata ad emozioni come la rabbia o la paura) ad un sintomo di una malattia fisica. Non riuscendo ad elaborare le proprie emozioni troverà grandissima difficoltà a comprendere le emozioni dell’altro. L’incapacità di comunicazione e condivisione è la conseguenza di un’incapacità di identificazione dell’emozione. Un caro saluto